curiosità stroriche padovane  1°

LAPIDE LATINA DEL PETRARCA AGLI EREMITANI

Nell'antica e bellissima chiesa degli Eremitani il primo sepolcro a sinistra di chi entra e quello del Signore di Padova Jacopo II da Carrara, che fu assassinato nel 1350 da Guglielmo, figlio naturale di Jacopo il Vecchio.
Questo monumento, come quello di fronte in cui e sepolto Ubertino da Carrara e opera di Andriolo de' Santi e suoi collaboratori.

Fu posto nel 1350-51 nella chiesa di Sant'Agostino, poi demolita, di guisa che venne trasportato agli Eremitani.

Il Petrarca volle rimanere da solo presso la tomba nella Chiesa di Sant'Agostino, dove, com'egli narra, compose presto «rna non senza piangere» otto distici elegiaci latini(formati ciascuno d 'un verso esametro e d 'un pentametro).

Sono quelli. che si leggono tutt'Ora scolpiti sulla base della tomba. II Petrarca riteneva di essere un grande poeta latino e dava, 0 fingeva di dare, poca importanza ai suoi stupendi versi italiani, ai quali soltanto deve la propria fama. Li chiamava infatti, con parola oraziana, «nugae», cioè cosette da nulla. Scrisse bene, s'intende, in verso ein. prosa anche in latino, ma non con quella freschezza dell'italiano, che era ormai I'unica lingua veramente viva.

Questi sulla tomba di Jacopo da Carrara sono versi « qualunque », che meritano la nostra attenzione soltanto perche opera del grandissimo poeta.

Ne diamo la traduzione italiana, avvertendo che, contrariamente al solito, essi non perdono molto passando da una lingua all'altra e dalla poesia alla prosa.

         

«Ohime, per un grande uomo casa ristretta sotto un [piccolo marmo.
Ohime, qui giacciono il padre e la speranza e la salvezza della patria.
Chiunque tu sia,o lettore, che volgi gli occhi a questa .. [pietra
Leggendo i pubblici danni congiungi preghiere alle lacrime.
Non e lecito piangere colui che dalla propria virtù, se si [deve aver fiducia
Nel merito umano, fu innalzato su in cielo.
Piangere la grave sventura della patria e I'infranta speranza Degli onesti e lecito e I'aver tratto gemiti per gli improvvisi mali.
Colui che I'illustre famiglia Carrarese aveva da poco [dato come guida
Al popolo padovano e agli Anziani la nemica morte tolse.
Nessuno coltivo con tanta dolcezza le amicizie.
Pur essendo terribile pei suoi nemici egli
Era ottimo e sempre attento nell' amare i buoni.
ignaro d'invidia e cospicuo nella fedeltà.
Quindi, o posterita memore, credendo a queste parole
Inserisci il bel nome di Giacomo fra i nomi rari.

18 Dicembre anno del Signore 1350».

Jacopo II da Carrara aveva a sua volta avuto la Signoria in seguito a una congiura nella quale era stato ucciso, dopo soli 40 giorni di principato, Marsilietto Papafava dei Carraresi. Tuttavia egli fu pacifico, saggio e veramente benefico per i sudditi, amico sicuro e fedele, ma senza servilismo, verso la vicina Repubblica di San Marco.


Insomma il grande elogio fattogli dal Petrarca è giusto e meritato. Inoltre si può considerarlo sincero, come le lagrime dal poeta, grande amico dei Carraresi. Egli infatti, più di vent'anni dopo, sempre come loro amico e consigliere ascoltato e fido, venne a finir la vita ad Arquà, nella famosa casetta, dove si spense it 19 Luglio 1374, lasciando un 'alta eredita di gloria alla nostra Padova.

 

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Ignazio Sommer (Merzio)